giovedì 16 febbraio 2012

Di Marlene, kuntz, festivals e altre storie...

Non capisco di che cosa si sorprendano, o fingano di sorprendersi, i Marlene Kuntz  riguardo le polemiche suscitate dalla loro partecipazione al Festival di Sanremo. Che la loro sia soltanto un'operazione commerciale è evidente a tutti. Sanremo ha smesso di essere rappresentativo per quanto riguarda la "musica Italiana" da trent'anni, e forse più. Da quando ho memoria è una baracconata dove sul palco si alternano giovani più o meno sconosciuti (negli ultimi anni usciti dai vari Amici, X Factor e compagnia danzando) e vecchie glorie ripescate dalla più vicina necropoli.
Anche l'ormai classico "vado/andiamo a Sanremo per portare la mia/nostra proposta musicale, senza compromessi" va bene per il gruppetto di poca fama e ancora minor spessore.
Ma loro sono stati stati, a metà degli anni 90, uno dei migliori gruppi di noise rock in Italia, capaci di sfornare dischi come "Catartica" ed "Il Vile", veri concentrati di Sonic Youth e lirismo italiano. Alfieri di un suono tagliente, incazzato ed alternativo e testi ermetici ma mai scontati o patetici.
Era ovvio che chiunque avesse amato quei Marlene, chiunque creda un minimo che "un'altra musica italiana è possibile", chiunque ami la buona musica e veda Sanremmo per quello che è (uno spettacolino televisivo nazionalpopolare, con pretese da grande evento culturale) non potesse che disapprovare la loro scelta.
E a guardare bene quello che più disturba non è il loro partecipare a sanremo, ma il fingere che esso sia un palcoscenico prestigioso e ancor di più il fingersi sorpresi davanti le inevitabili polemiche...

martedì 7 febbraio 2012

Indi(eDi)pendenti?

La musica è una cosa strana, ciclicamente percorsa da mode e stili che si riverberano non solo elle composizioni ma anche nell'immagine dei musicisti.
I musicisti a loro volta strani, coerentemente con lo stereotipo aggiungerei, oggigiorno forse più che nelle decadi passate sembrano banderuole pronte ad orientarsi a favore del vento musicale che soffia più forte.
Ultimamente quello che  sembra soffiare con maggiore intensità è il cosiddetto "Indie".
Il termine "Indie" è forse il più vago degli aggettivi usati per descrivere la musica. Derivante dall'inglese "indipendent",  inizialmente indicava quei gruppi che pubblicavano dischi tramite etichette indipendenti invece che su major. In seguito ha iniziato ad indicare un certo tipo di "sound" piuttosto che di scelta discografica, fosse essa dettata da motivazioni di principio o dalla necessità. Così sotto l'etichetta di "Indie" sono ciclicamente  finiti i generi musicali ed i gruppi più disparati. 
Ultima incarnazione, in ordine di tempo, è quella che vuole "Indie" una serie di gruppi che hanno come caratteristiche distintive un mix di suoni vintage e gusto compositivo moderno. All'aspetto più prettamente musicale si unisce quello "estetico" fatto di strumentazione vintage (Fender Jaguar o Telecaster d'annata, amplificatori a valvole che con "levalvoleoriginalidel'69chesonotuttaun'altracosa"), vestiti vintage (giacche di pelle da romanzo criminale e pantaloni a sigaretta) e acconciature di barba e capelli anch'esse vintage. Praticamente un mercatino delle pulci ambulante...
Questa tendenza in Italia assume dei contorni piuttosto inquietanti. Sembra che chi fa rock, almeno tra i più giovani, non sia in grado di proporre niente di diverso. 
Beninteso non tutti i musicisti che vengono inseriti tra i "gruppi indie" propongono musica omologata o priva di idee. Gruppi come Zen Circus e Teatro degli orrori (giusto per citarne due tra i più gettonati) riescono comunque a proporre qualcosa di interessante.
Ma anche a loro si può rimproverare l'uso della chitarra giusta o del pantalone à la page.
Niente di male ma la domanda che sorge spontanea è la seguente:
Si può ancora in questo paese fare buona musica senza dover necessariamente aderire agli stereotipi estetici dominanti?
Veramente siamo arrivati al punto in cui un gruppo, per quanto dotato tecnicamente, deve vestirsi come "ci si aspetta da uno che suon quella musica" per vendere?
Ai poster(i) l'ardua sentenza...


P.S. Da musicista non rifiuto l'dea della strumentazione datata, infatti suono un Rickenbacker 4003 che è nato nel mio stesso anno (sì mi sono dato del datato), ma mi rifiuto di spendere cifre a 3 zeri per un amplificatore del '72 nella speranza che il mio suono diventi magicamente bellissimo.
I pantaloni a sigaretta invece proprio non li sopporto!

venerdì 3 febbraio 2012

Destra=Sinistra?



Il progressivo, e oramai inesorabile, degenerare dei partiti italiani ha, tra le tante conseguenze nefaste, quella di dare apparente conferma al vecchio adagio qualunquista secondo cui "destra e sinistra sono uguali".
E di questo spero che un giorno, quell'aborto di partito che è il PD, sarà chiamato a risponderne.
Perché ad essere uguali non sono le idee, ne le fondamenta morali, che ci sono (c'erano e ci saranno) dietro i concetti “filosofici” di Destra e Sinistra; ma la mentalità gretta e provinciale (la chiamerei Italiota) di omuncoli (e donnuncole) che occupano le aule del parlamento col solo ed unico fine di perseguire i propri interessi.
La politica è una cosa bella, è loro la responsabilità di averla lordata. La differenza tra destra e sinistra esiste, è loro la responsabilità di averla affogata nel liquame.
Quello ci cui c'è bisogno è un'attualizzazione dei concetti di destra e sinistra, dei valori fondanti e dei sottesi culturali dietro quelle parole! Non dell'ennesima nenia qualunquista!
Prendetevela pure con i partiti, i loro rappresentanti, gli abitanti del parlamento e la classe politica in generale: in larga parte hanno dimostrato in più di un'occasione di voler aderire allo stereotipo del politico maneggione e corrotto. Ma per favore non venite a dirmi che Destra e Sinistra sono uguali...