martedì 7 febbraio 2012

Indi(eDi)pendenti?

La musica è una cosa strana, ciclicamente percorsa da mode e stili che si riverberano non solo elle composizioni ma anche nell'immagine dei musicisti.
I musicisti a loro volta strani, coerentemente con lo stereotipo aggiungerei, oggigiorno forse più che nelle decadi passate sembrano banderuole pronte ad orientarsi a favore del vento musicale che soffia più forte.
Ultimamente quello che  sembra soffiare con maggiore intensità è il cosiddetto "Indie".
Il termine "Indie" è forse il più vago degli aggettivi usati per descrivere la musica. Derivante dall'inglese "indipendent",  inizialmente indicava quei gruppi che pubblicavano dischi tramite etichette indipendenti invece che su major. In seguito ha iniziato ad indicare un certo tipo di "sound" piuttosto che di scelta discografica, fosse essa dettata da motivazioni di principio o dalla necessità. Così sotto l'etichetta di "Indie" sono ciclicamente  finiti i generi musicali ed i gruppi più disparati. 
Ultima incarnazione, in ordine di tempo, è quella che vuole "Indie" una serie di gruppi che hanno come caratteristiche distintive un mix di suoni vintage e gusto compositivo moderno. All'aspetto più prettamente musicale si unisce quello "estetico" fatto di strumentazione vintage (Fender Jaguar o Telecaster d'annata, amplificatori a valvole che con "levalvoleoriginalidel'69chesonotuttaun'altracosa"), vestiti vintage (giacche di pelle da romanzo criminale e pantaloni a sigaretta) e acconciature di barba e capelli anch'esse vintage. Praticamente un mercatino delle pulci ambulante...
Questa tendenza in Italia assume dei contorni piuttosto inquietanti. Sembra che chi fa rock, almeno tra i più giovani, non sia in grado di proporre niente di diverso. 
Beninteso non tutti i musicisti che vengono inseriti tra i "gruppi indie" propongono musica omologata o priva di idee. Gruppi come Zen Circus e Teatro degli orrori (giusto per citarne due tra i più gettonati) riescono comunque a proporre qualcosa di interessante.
Ma anche a loro si può rimproverare l'uso della chitarra giusta o del pantalone à la page.
Niente di male ma la domanda che sorge spontanea è la seguente:
Si può ancora in questo paese fare buona musica senza dover necessariamente aderire agli stereotipi estetici dominanti?
Veramente siamo arrivati al punto in cui un gruppo, per quanto dotato tecnicamente, deve vestirsi come "ci si aspetta da uno che suon quella musica" per vendere?
Ai poster(i) l'ardua sentenza...


P.S. Da musicista non rifiuto l'dea della strumentazione datata, infatti suono un Rickenbacker 4003 che è nato nel mio stesso anno (sì mi sono dato del datato), ma mi rifiuto di spendere cifre a 3 zeri per un amplificatore del '72 nella speranza che il mio suono diventi magicamente bellissimo.
I pantaloni a sigaretta invece proprio non li sopporto!

Nessun commento:

Posta un commento