martedì 4 settembre 2012

Quando l'(anti)politico fa paura...

Ultimamente si sente (e si legge) spesso in giro che i "partiti" attaccano Grillo perché hanno paura di lui e che questo suo suscitare timore sarebbe una dimostrazione dell'intrinseca bontà (scusate il termine trito) delle tesi del leader del M5S. Peccato che come asserzione sia oltremodo stupida oltre che ovvia.
Ovvia perché i partiti hanno una paura fottuta di tutto ciò che non possono capire e controllare. Da troppo tempo sguazzano in un sistema che hanno plasmato a loro immagine e somiglianza e quindi ci cerca di proporre visioni alternative viene temuto, e ciò che è da loro temuto deve essere distrutto. 
Stupida perché l'esser temuti, alla luce di quanto detto, non è affatto una cosa che di per se garantisca la virtuosità di una proposta politica. Renzi ad esempio, che pure mi sembra molto diverso, nei temi e nei modi, dal comico genovese, sta subendo attacchi (anch'essi diversi nei toni e nei modi) da parte dei "partiti" perché temono il suo modo di fare politica. Questo basta a rendere anche la sua proposta politica meritoria?
Qualsiasi tipo di proposta di "rottura", siano esse più moderate come quelle "renziane", più radicali come quelle di Grillo o addirittura estremistiche suscitano la paura e l'odio dei "partiti". Ma siamo sicuri che lo spaventare l'estabilishment sia garanzia sufficiente di un progetto politico valido e in grado di traghettare l'Italia verso un futuro migliore, o quantomeno meno putrido?


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